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19 Aprile 2021

Dentro il Club degli Investitori: Intervista su Capital Magazine (Class Editori)

Il Club degli Investitori è un’associazione composta da imprenditori che investono direttamente in quote di partecipazione.

“Oltre dieci anni fa siamo partiti in cinque, quando in Italia non si parlava ancora di business angel. Ci siamo lanciati in una sfida che ci ha permesso di supportare quasi 40 imprenditori nello sviluppo delle loro imprese. E quello spirito e quell’entusiasmo sono più che mai vivi. Ci diamo l’obiettivo, ambizioso, di raddoppiare quanto investiamo ogni anno nelle startup”.

A parlare così è Giancarlo Rocchietti, presidente del Club degli Investitori, network italiano che riunisce business angel e investitori in startup, scaleup e PMI innovative ad elevato potenziale di crescita. E che nel 2020, nonostante la pandemia, ha investito oltre 3,5 milioni di euro in 8 società tra le quali Fleep Tecnologies, spin off dell’Istituto Italiano di Tecnologia operante nel campo della printed electronics; Medsniper, startup attiva nel campo dei dispositivi biomedicali e Pietribiasi, Pmi specializzata nella produzione di macchinari per l’industria alimentare.

Il Club degli Investitori è un’associazione composta da imprenditori che investono direttamente in quote di partecipazione. In dieci anni di vita il Club, con sede a Torino, è arrivato a contare 190 soci, “ma arriveremo a 200 entro la fine dell’anno”, dice Rocchietti, provenienti soprattutto dal mondo dell’imprenditoria piemontese, ma non solo. “Siamo nati come iniziativa locale, ma ora abbiamo tanti soci in Italia e anche all’estero”, dice ancora Rocchietti.

L’iscrizione al Club avviene esclusivamente attraverso la presentazione da parte di uno dei soci. Tra questi spiccano nomi come quelli di John Elkann, Marco Gay, Carlo Robiglio, ma anche dell’architetto Carlo Ratti. “Nel club abbiamo il professore universitario, il professionista, il grande imprenditore o il manager”, spiega Rocchietti, “tutti accomunati dalla passione per l’innovazione e da una voglia di give-back che ci spinge a farlo con la consapevolezza che i ritorni saranno lunghi nel tempo”.

“Siamo un gruppo di imprenditori e manager che hanno deciso di mettere a disposizione dei nuovi imprenditori denaro, esperienze e reti di conoscenze, perché nel mondo dell’innovazione non bastano i soldi. Un investimento attraverso il Club è molto più che denaro: significa coinvolgimento di un gruppo di persone la cui rete di contatti ed esperienza vale molto di più del capitale stesso. Inoltre investiamo solo quando possiamo dare valore e lo facciamo con la tecnica di mettere a disposizione uno di noi come sponsor che ha un’expertise specifica nel settore. Non siamo una società finanziaria e non siamo un fondo perché ognuno può investire su ciò per cui ha interesse”.

A oggi il club conta 39 aziende in portafoglio e 21 milioni di euro investiti (le aziende in portafoglio hanno complessivamente raccolto finanziamenti per oltre 462 milioni di euro). Acquisisce principalmente quote di minoranza di startup, scalup e Pmi innovative. Tra gli investimenti effettuati in passato, solo per citarne alcuni, quelli in D-Orbit, Insoore, GrowishPay, Genenta, Satispay, Soundreef e Talent Garden.

 

Al presidente del Club, Capital ha chiesto di spiegare cosa l’associazione può fare per i nuovi imprenditori.

 

In che punto dello sviluppo di una startup intervenite? Chi può entrare in contatto con voi? E con quali requisiti?

Noi entriamo in fase di seed o anche successiva. Non in fase di concept, ma quando esiste già almeno un progetto digitale o un prototipo industriale. Soprattutto investiamo su degli imprenditori. Potrebbe trattarsi anche di uno scienziato ma valutiamo molto il capitale umano delle persone. Quindi ci interessa vedere la qualità delle persone e del prodotto. Li valutiamo sulla base di parametri che ci dicono quali sono i team di successo.

Innanzitutto quasi mai si tratta di one man company, ma di persone che devono avere competenze trasversali o anche finanziarie. E poi guardiamo ad altri elementi che valutiamo con favore: la presenza nel team di una persona un po’ più senior delle altre, che ha già avuto un’esperienza d’impresa o di startup. Poi guardiamo alla diversità del team: quindi alla presenza di donne e di persone con provenienze diverse, perché questi elementi permettono tipicamente alle startup di performare meglio. E poi guardiamo alle soft skills: su tutte alla capacità di adattamento dell’imprenditore. Chi riesce a trasformare il proprio modello in funzione di come cambia il mondo. Perché le idee di lungo termine seguono spesso strade tortuose che spingono a cambiare. Da ultimo valutiamo anche la capacità di crearsi un network di relazioni e di intrattenere rapporti con gli investitori.

 

In quali settori intervenite di preferenza? E perché?

Investiamo in tutti i settori, ma, con riferimento al prodotto, la nostra analisi si focalizza in prima battuta sul fatto che questo si inserisca all’interno di un mercato in crescita. Investiamo in tutta Italia e anche all’estero purché ci siano italiani coinvolti.

 

Come valutate le proposte che vi arrivano?

Il club analizza annualmente alcune centinaia di progetti e investe mediamente in sei o sette. La selezione viene gestita da un team interno con il coinvolgimento dei soci che vantano esperienza specifica nel settore. I progetti scelti vengono presentati alla riunione mensile dei soci, nella quale si raccolgono le manifestazioni di interesse ad investire. Al momento dell’investimento viene nominato un “socio champion” che ha il compito di rappresentare il club e supportare la crescita della società fino alla exit.

 

Cosa offrite a chi si rivolge a voi?

I soci del Club sono investitori con esperienza e competenza. Affiancano gli imprenditori nella crescita della loro azienda. Investiamo da 200.000 euro a 1,5 milioni a seconda dello stadio di sviluppo dei progetti. Spesso operiamo in “syndication” con altri investitori italiani e internazionali: istituzioni, operatori dell’innovazione, altri network di business angel e fondi di venture capital.

 

Quali casi d’investimento rappresentano meglio, a suo giudizio, il vostro operato?

Mi piace parlare di Remat, che si occupa di riciclo dei materassi, come puro esempio di economia circolare. Abbiamo investito all’inizio per costruire un grosso stabilimento. Per farlo uno dei nostri soci ha messo a disposizione dei capannoni industriali. E’ la dimostrazione migliore di quanto dicevo poc’anzi: il nostro network non solo investe, ma crea anche le condizioni per la crescita delle aziende.

A livello di startup di successo, siamo stati tra i primi investitori in Supermercato24, ora Everly, che fattura 120 milioni di euro dai 2 milioni di quattro anni fa, dà lavoro a 200 persone e ha un progetto di espansione europea. Abbiamo investito in Genenta, prima startup biotech, con un farmaco in fase 1-2 di sperimentazione, che dovrebbe guarire un tumore mortale utilizzando il virus dell’Hiv. Oppure ancora DirectaPlus, che produce grafene, con applicazioni nei tessuti e in altri materiali, che alcuni nostri soci industriali stanno valutando di iniziare a utilizzare nei loro impianti produttivi.

 

Che futuro vede per l’ecosistema italiano delle startup?

In Italia ancora non vedo Unicorni (startup con valutazioni oltre il miliardo di dollari, ndr). Ritengo più probabile che possano emergere delle cosiddette Green-zebra, con impatto sociale e anche operanti nel settore ambientale, che credo ci darà grandi soddisfazioni.

In generale siamo la nazione europea con più piattaforme di crowdfunding e abbiamo più di 200 operatori che investono in venture capital.

Il nostro quindi è un sistema molto frastagliato. La nostra visione è che in futuro aumenterà l’investito e ci sarà un consolidamento che ridurrà il numero di operatori. E’ la convinzione che ci ha spinto a lanciare una campagna per aggregare altri gruppi di business angel più piccoli.

 

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